Il Fosso mediceo sfregiato da trent’anni: finalmente l’Authority smette di rinviare - Il Tirreno Livorno

2021-12-31 12:28:37 By : Ms. Alice Su

Livorno, nel ’91 il crollo della spalletta: ora il finanziamento per riposizionare le vecchie pietre sul muraglione di cemento armato  

LIVORNO. Fra un mese esatto saranno trent’anni che un brutto giorno Livorno si svegliò con una cicatrice lunga 56 metri sulla faccia: una spalletta del Fosso reale venne giù di punto in bianco. Nel cuore del centro: fra il mercato centrale, il tempio della Congregazione olandese-alemanna e Gagarin, anch’esso “tempio” ma del “5&5”. A quattro passi da dove nel 1984 ritrovarono le false teste di Modì. Nel giro di qualche mese al posto dello squarcio si riuscì a metterci una pezza di cemento armato, poi finita lì. Sotto gli occhi di tutti, eppure invisibile. Anche se è un rattoppo grande quanto un palazzo e francamente è un cazzotto in un occhio. Talmente entrato a far parte del paesaggio urbano che sul cemento armato hanno messo le canalette degli impianti a servizio delle barchette “parcheggiate” ai piedi del muraglione, e rampicanti o arbusti fanno capolino da qualche crepa. Il 12 dicembre prossimo ci vorrebbe una torta di compleanno per celebrare l’anniversario numero 30. Magari sperando che accada come per la maxi-buca sulla superstrada Fi-Pi-Li all’ingresso del porto: dopo la torta-beffa del Tirreno si misero in moto assessori e appalti, ruspe e cemento, finché il problema venne risolto. In effetti, qualcosina si muove: vedi alla voce “Muro Fossi Olandesi lavori” nel programma triennale degli investimenti approvato dall’Authority, al timone il presidente Luciano Guerrieri in tandem con il segretario generale Matteo Paroli. Un milione 28mila euro di fondi appostati: l’anno è il 2022, l’indice di priorità è 1, la responsabile del procedimento è l’ingegner Sandra Muccetti. La Grande bruttezza Risolvere questo guaio è indispensabile: non ha senso lasciare lì questo sfregio – la Grande Bruttezza – e immaginare di recuperare le architetture ottocentesche della chiesa olandese o investire su quello scrigno che è il mercato centrale. Meno che mai pensare di puntare sul circuito turistico delle cantine che siu affacciano sui fossi medicei (magari aprendo l’accesso del Mercato a pelo d’acqua e recuperandone i sotterranei). Figuratevi che le pietre sono state conservate tutte una per una: affidate alla Porto Immobiliare, la società controllata da Palazzo Rosciano (e guidata da Lorenzo Riposati), che le ha “nascoste” in un angolino delle banchine passeggeri. Pronte per essere ricollocate: “identificate” e numerate quasi come per lo spostamento dei templi di Abu Simbel troppo vicini alla diga di Assuan sul Nilo. scontro aurigi-corsini La questione era finita sotto i riflettori delle istituzioni quando l’allora assessore M5s Alessandro Aurigi aveva messo appena prima del Natale 2018 una pepata letterina sotto l’abete di Palazzo Rosciano, sede dell’istituzione portuale: al presidente Stefano Corsini, a quel tempo numero uno, aveva chiesto di «fare un regalo alla città, senza ripensamenti». Aggiungendo: «Il progetto esecutivo è pronto da tempo, le risorse ci sono, e abbiamo tutte le autorizzazioni necessarie, compresa quella da parte della Soprintendenza per i Beni artistici e architettonici di Pisa. In pratica manca soltanto che lei, presidente dia il via libera all’esecuzione dell’opera». L’aveva scritto anche due anni prima al predecessore di Corsini ai vertici dell’Authority, Giuliano Gallanti, «chiedendogli di velocizzare i tempi». Impossibile arrendersi a «questa ferita nel cuore di Livorno»: l’Authority «ha una responsabilità anche morale, oltre che oggettiva, nei confronti della nostra città». A dire la verità, anche Palazzo Civico la propria parte non l’aveva mica poi fatta. L’assessore aveva preso l’abbrivio ricordando di parlare anche in nome del fatto che la giunta M5s aveva messo i soldi (300mila euro) sulla realizzazione di «un vero e proprio sagrato, libero dalle automobili, nel tratto compreso tra la spalletta e il cancello in ferro battuto». Bello, peccato che anche questo sia rimasto nell’album delle belle intenzioni. interminabile impasse Non è che quando a Palazzo Civico non c’erano i Cinque Stelle le cose andassero troppo diversamente: colpa del fatto che realtà come i fossi medicei – non sono mare e non sono porto ma nemmeno strade e terraferma – sono rimaste sotto l’ombrello dell’Authority in eterna attesa di esser passate nelle mani del Comune. Risultato: l’una non spendeva perché tanto la competenza sarebbe a breve passata ad altri, l’altro non poteva investire perché il bene non era (ancora) suo. Galleggiando a bagnomaria per decenni. Ogni tanto un sussulto: come quando nel luglio 2009 l’allora presidente dell’Authority Roberto Piccini annunciò che di lì a poco sarebbero partiti i lavori in collaborazione col Comune (e l’amministratore unico di Porto 2000, Guido Asti, spiegò che si sarebbero conclusi «entro fine anno»: il 2009, appunto, cioè 18 anni dopo il crollo). Ripetiamocelo: tutto venne giù nel ’91. Cioè quando «finiva la Guerra del Golfo, il Sudafrica aboliva l’Apartheid, l’Unione Sovietica andava verso lo scioglimento, nasceva il web, ci lasciava Freddy Mercury e Ayrton Senna vinceva il suo ultimo titolo mondiale: una vita fa». Con amara ironia lo ricordava poche settimane fa sul Tirreno Stefano Ceccarini, che da sempre si batte per il recupero della memoria storica livornese: dalla frana a oggi «abbiamo avuto cinque sindaci ed è stata istituita l’Autorità Portuale, al cui vertice si sono succeduti cinque presidenti». E poi: «Se le parole fossero pietre, a quest’ora avremmo lastricato ex novo tutto il circuito dei fossi medicei»

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