Si riparte: un'altra area archeologica sacrificata alla città dei balocchi - Riminiduepuntozero

2021-12-18 03:05:41 By : Ms. COCO L

Il Birrodrome è discusso. Il professore. Rimondini lo chiama, per restare in tema, Cervesarium. Ma la sostanza è questa: continuiamo a 'ricordare', fregandocene delle conseguenze sul nostro patrimonio culturale. In questo caso specifico siamo in un sito prospiciente l'Anfiteatro, su un tratto delle mura romane di Ariminum con una torre ancora intera e le tracce di una seconda torre, oltre al ritorno della Fossa Patara. Ma non sembra interessare a nessuno.

UN NUOVO TEMPIO DI DIONISO IL DIO DEL TAMBURO CHE È ANCHE HADE

Nella vasta area prospiciente l'Anfiteatro, un tratto delle mura romane di Ariminum con una torre ancora intera e le tracce di una seconda torre, e il ritorno della Fossa Patara, cloaca romana, stanno adattando un vecchio capannone per aprire una nuova tempio al dio Dioniso, divinità dello sballo alcolico, ma non solo, che è anche Ade, chiamato anche Plutone, il dio invisibile della ricchezza e dei morti. Rimini la Città dei Balocchi. Chissà se leggono Pinocchio ai bambini dell'asilo svizzero. Gli archeologi ufficiali non sembrano essersi mobilitati per tutelare tutto questo bene - del dio Apollo e della Musa della storia Clio e anche di Venere Cloacina - in questa che è un'area archeologica di primaria importanza del nostro patrimonio culturale. Gli amministratori che hanno concesso la licenza - dovevano essere quelli vecchi, quelli fuori produzione - considerano i monumenti archeologici classici, medievali e rinascimentali come "rovine" da distruggere o al massimo da considerare "contenitori" di qualcosa di 'nuovo' che è utile. Rimini "sotto il giogo dell'ignoranza". Jamil Sadeghoovad e Chiara Bellini prendono le distanze da questa tradizione politica infernale.

E se questi amministratori sono stati educati nell'Asilo Svizzero, che occupa fisicamente l'Anfiteatro Romano contro leggi, decreti e ordinanze di sgombro, sanno fin dall'infanzia che le leggi e i decreti che tutelano il patrimonio storico e artistico della nostra nazione - olio d'Italia - non contano assolutamente nulla. Peggio ancora se non hanno nemmeno idea di cosa sia un monumento storico o artistico nell'"anticamera del cervello". O chi è quel Filippo Brunelleschi. In Italia hanno inventato una parola per indicare questi amministratori: sono i soggetti del verbo "reminize". L'ultimo che ci ha deliziato con la sua cultura felliniana - tettone e culi grossi, netturbini, professori pataca, zii pazzi e suore nane - ha "ricordato" il fossato di Castel Sismondo che Filippo Brunelleschi aveva progettato come fronte di bastione, in anticipo di un secolo o due sulle novità europee di ossidiana, come piramidi nelle sue scarpe e controscarpe, e come le sponde di un fiume, che dicono pubblicamente “sotto non c'è niente”, era un piccolo genio formatosi all'asilo.

La diga di Ariminum tra l'Anfiteatro e l'uscita della Fossa Patara è un programma che va dal basso dal III secolo aC al III secolo dC e all'età comunale e malatestiana. In tutto 268 aC + 2021 dC = duemiladuecentottantanove anni.

La superstite torre romana, a forma di U, addossata al muro che dava accesso alla torre attraverso un grande arco. Questi archi furono chiusi quasi immediatamente.

Il nuovo CERVESARIO è in costruzione; titolo inventato da noi da cervesa il nome latino della birra.

Chiamato a Rimini da Vittorio Belli, fondatore di Igea Marina, scopritore e salvatore degli affreschi di Sant'Agostino, e dal dottor Alessandro Tosi, Ispettore Onorario, primo a scavare le tombe protoetrusche di Verucchio, Giuseppe Gerola, primo Soprintendente dei Monumenti di Ravenna, nel 1910 con decreto impedì che l'Anfiteatro fosse frazionato da un'impresa per la costruzione di case "operaie" - piccole case clericali in realtà -. Ha segnalato l'Anfiteatro, di sua competenza, e le mura romane al Soprintendente Archeologico di Bologna Salvatore Aurigemma. Ma l'archeologo dovette prenderla male come un'indebita invasione di competenze, perché trent'anni dopo, quando pubblicò Ariminum Guido Achille Mansuelli, allora studente di archeologia a Bologna, non aveva nemmeno il sentore che le muraglie di Rimini fossero romane. Ad occuparsi della demolizione delle mura e dell'Anfiteatro fu il benemerito ma poco colto Riccardo Ravegnani, che nel 1930 decise di cedere al sindaco Palloni, l'area dell'Anfiteatro, al suo nemico personale. Pietro Palloni lo fece trasformare in una pineta, mentre riprendevano gli scavi iniziati negli anni Quaranta dell'Ottocento da Luigi Tonini. Si è scoperto che l'impianto idraulico dell'Anfiteatro era ancora funzionante. Sembrava che tutto andasse bene finché, nell'immediato dopoguerra, fu invasa dalle baracche di legno di benefattori e santi svizzeri. Comunque, si disse, sono capanne di legno, non faranno male. Poi hanno costruito anche in muratura e santo Dio, vuoi murare senza fare buchi profondi?

Le mura di Ariminum, spesse circa tre metri, che corrono in linea retta a monte della piazza del nuovo CERVISARIUM, sono ciò che resta del geometrico recinto marittimo della città romana. Infastidiscono gli archeologi e gli storici che credono che Ariminum non avesse mura di mare, perché, come scrisse Guido Achille Mansuelli, la difendeva in mare... il mare. Avrebbe invece potuto essere invaso da una piccola imbarcazione, se non fosse stato difeso da un muro. Infastidiscono anche i residenti di via Settimia che li hanno cesellati per far entrare il muso delle auto. Che piacere, eh, cesellare le mura di circa duemilatrecento anni! Ma allora, dicono gli archeologi de cuius, dov'è il resto delle mura dritte? Quando da lì parte il disordinato muro romano, largo un metro e mezzo, di epoca aureliana - solo il II secolo dopo Cristo - realizzato con materiali di riciclo che taglia obliquamente e compare in vicolo Mastini, all'interno dell'edificio già della Banca di Italia e dell'ex Cassa di Risparmio di Rimini, nel giardino Ferrari, nella Taberna Medicina per il vulgo la domus del Chirurgo, nei sotterranei dell'antico Collegio dei Gesuiti, già Ospedale Civile oggi Museo Luigi Tonini, nel suo giardino, per congiungersi sotto il palazzo a monte di piazza Simbeni con le mura più antiche di Ariminum. Qui anche i geologi riminesi, senza fidarsi ciecamente dello storico bugiardo barocco Clementini, dovrebbero entrare con le loro conoscenze e definire i movimenti verticali, non solo orizzontali, del suolo riminese. Il ponte romano presenta evidenti tracce di un cedimento, un dislivello di circa 4 metri dall'antica altezza del ponte e parte del suolo riminese e del Borgo di San Giuliano. Ma proprio qui dobbiamo parlare ancora una volta della contraffazione di Cesare Clementini del secondo porto romano, che continua a disturbare i nostri storici più anziani e anche alcuni giovani, tutti i miei amici e anche alcuni dei miei nemici scoperti, anche il grande ricercatore Oreste Delucca in il suo ultimo libro Rimini e il mare come cercherò di dimostrare in un prossimo intervento.

A destra dell'Arco d'Augusto all'esterno, vediamo il palinsesto delle mura di 2289 anni fa: al di sotto un muro di blocchi irregolari ma perfettamente raccordati di arenaria di Covignano. Immediatamente sopra il manubrio muro di mattoni di epoca imperiale. Se scavi sotto il terreno su cui sorgono le mura e le due torri, troverai resti delle prime mura di Ariminum.

Delle due torri romane che vi erano, probabilmente chiuse da due cardine, ne rimane una, invasa da erbe e arbusti e di tanto in tanto ripulita, ora all'esterno non ha erbe aromatiche, ma non ancora oggetto di scavi archeologici. Non tutti i rivestimenti esterni in mattoni sono romani. Si tratta di strutture murarie a sacco che spesso hanno perso il loro originale manubrio romano o il rivestimento in mattoni sesquipedi e sono state riparate con piccoli mattoni medievali e moderni. La struttura delle torri romane è a forma di U, cioè mentre le torri medievali sono sporgenze delle mura, quelle romane sono strutture di tre mura che si addossano al muro continuo, ma hanno un grande arco in questo muro che permetteva l'accesso alla torre. Poi ancora nell'antichità questo arco era stato chiuso e l'accesso alla torre doveva rimanere dalla sommità delle mura. Due torri simili sono visibili ai lati dell'Arco d'Augusto indicate dai grandi archi di mattoni manubri murati in epoca antica. Infatti a destra dell'Arco d'Augusto, all'esterno si nota anche la consistenza palinsesta di questa prima antica cinta muraria, perché sotto i mattoni romani dell'epoca augustea si trovano le mura del III secolo a.C. Sono grossi blocchi di arenaria con strati di pietre, provenienti da Covignano - se ne vedevano tratti sotto l'ex chiesa del Crocifisso all'inizio della salita di Covignano, spazzata via nell'ultima sistemazione -. La loro forma 'disordinata' ma ben connessa è definita come opus incertum opera incerta. Scavando sotto la cinta muraria di cui si parla, dall'Anfiteatro-Asilo e dalla Fossa Patera-Cervesarium, credo si possano ritrovarne alcune tracce.

Particolare della mappa di Rimini del 1811 conservata presso l'Archivio di Stato di Roma, Catasto Gregoriano. Accanto alla torre medicea di Tenagliozza, si può osservare il ritorno delle mura romane con l'uscita della Fossa Patara, la torre scomparsa probabilmente molto più piccola di prima, e la torre superstite. Da notare il cardine che porta alla prima torre.

Così si presentava la zona di Pattarina fino a pochi anni fa.

L'USCITA DELLA PATARA FOSSA

La Fossa Patara ha un nome medievale, perché lungo le sue sponde i Patari, eretici dei secoli XII e XIII, specializzati nella produzione di panni, che usavano la corrente per i loro gualchini - scomparvero al momento dell'arrivo di Sant'Antonio da Lisbona -. Ma è un corso d'arte artificiale costruito dai romani, come abbiamo appreso scavando il bel ponte romano augusteo in grandi blocchi squadrati di pietra d'Istria dove la Fossa Patara incrocia il Corso, dove un tempo si trovava la Liberia. Ugolini, l'unico al tempo di Rimini, e il Corso comincia a salire verso l'Arco d'Augusto. Due grandi fognature scaricavano le acque piovane e fognarie in epoca romana e dopo. Oltre alla Fossa Patara c'era un Rivolo della Fontana in via Gambalunga. Notare dove vanno le acque piovane quando piove come una "bomba d'acqua", l'antico sistema di drenaggio diventa visibile.

Il CERVESARIUM sfrutta anche lo spazio del rifugio Fossa Patara per renderlo uno spazio estivo praticabile. Vediamo che una struttura è pronta per ospitare una cementata - niente da fare, a Rimini il cemento è ancora ottimo, non c'è verso che venga sostituito da strutture meno invadenti e più intelligenti e da sostanze più salutari -. Per fortuna non hanno messo fontane gnassiane con acqua riciclata come tante che si vedono dopo la burrasca amministrativa. E poi non si può ignorare che la situazione del sito “outlet della Fossa Patara” è migliorata. Prima c'erano basse capanne addossate le une alle altre.

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