Costruzioni in terra cruda: quello che c'è da sapere | Articoli | Ingenio

2022-10-03 05:30:00 By : Ms. Alisa Xiong

L’essere umano ha sfruttato al massimo le potenzialità del materiale, sviluppando tecniche costruttive differenti in relazione alle caratteristiche delle terre e innumerevoli culture costruttive locali in funzione delle condizioni climatiche, ambientali, funzionali e culturali.

Per poter comprendere appieno la terra cruda bisogna effettuare un lungo viaggio nel tempo, fino agli albori dell’umanità.

L’uomo preistorico, lasciate le caverne naturali, iniziò a costruire i propri ripari e lo fece utilizzando ciò che la natura gli metteva a disposizione, ovvero rami, foglie, ossa e pelli di animali.

Nel Neolitico, con la rivoluzione agricola, l’uomo da nomade divenne stanziale ed occupò principalmente le terre fertili vicino ai grandi corsi d’acqua. Già dal 7000 a.C. si hanno testimonianze dei primi villaggi agricoli in Medioriente, nella regione tra il Tigri e l’Eufrate, nella Valle del Nilo, nella Cina settentrionale, nella Valle dell’Indo e in molte aree d’Europa e del sud America.

L’uomo comprese che la terra, disponibile in grandi quantità e facilmente lavorabile, era un importantissima risorsa non soltanto per l’agricoltura, ma anche per sviluppare tecniche costruttive che gli permisero di realizzare abitazioni funzionali, sicure e confortevoli.

La città di Çatal Hüyük - scoperta dagli archeologi nel 195 - è situata nell'attuale Turchia ed è una delle più antiche città del mondo, risale a circa 8.000 anni fa, ed è stata costruita con blocchi di terra impastata con acqua e paglia, modellati a mano e lasciati essiccare al sole per poi essere messi in opera con una malta di terra, cenere e ossa tritate. Le abitazioni di forma parallelepipeda, generalmente ad unica cella, erano edificate una accanto all’altra, con dei tetti piani a terrazza sui quali si svolgevano gran parte delle attività domestiche. L’accesso alle abitazioni era consentito da una botola aperta sul tetto, dalla quale si saliva e scendeva con scale a pioli in legno, e che fungeva anche da canna fumaria per il fuoco acceso all’interno.

L’essere umano non ha più abbandonato l’uso di questo materiale, sfruttandone al massimo le potenzialità e sviluppando tecniche costruttive differenti in relazione alle caratteristiche delle terre e/o ad esigenze pratiche, funzionali ed estetiche. 

É sorprendente constatare come questo materiale così antico sia ancora attuale e valido. 

Il CraTerre - Centre International de la Construction en Terre -, con sede a Grenoble (Francia), ha stimato che circa il 30% della popolazione mondiale viva in case di terra.

Le costruzioni in terra sono diffuse in quasi tutto il pianeta terrestre, performandosi ai più disparati contesti geografici e climatici. Tanto per sfatare alcuni pregiudizi, troviamo costruzioni vernacolari in terra anche in aree ad elevato rischio sismico o ad elevata piovosità, sia in climi più caldi ed aridi che in climi più freddi e piovosi. 

Di fatto si è costruito in terra cruda ovunque ci fosse terra disponibile, restando pertanto escluse le aree desertiche, quelle ghiacciate e le foreste.

L’essere umano è stato quindi in grado di mettere a punto molteplici culture costruttive in risposta ai differenti fattori locali, sedimentando nel corso dei secoli buone pratiche edificatorie ed ideando tanto tecniche costruttive - influenzate principalmente dai fattori climatici e naturali, quali la disponibilità di materiali da costruzione e le caratteristiche del territorio, che tipologie edilizie - influenzate prevalentemente dai fattori antropici e culturali, come il modo di vivere e la struttura economica e sociale della relativa comunità. 

Analizzare le diverse culture costruttive in terra ci permette di avere un incredibile atlante edilizio-antropologico, al punto che spesso tali edifici vernacolari caratterizzano e rendono identitari i luoghi stessi. 

Si possono riportare innumerevoli esempi degni di nota, basti pensare ai grattacieli del deserto dello Yemen, agli Ksur delle valli del sud del Marocco, ai Tolou della regione del Fujian in Cina, ai villaggi dell’Africa sub Sahariana, dell’India, del Medio Oriente, dell’America Centrale e Meridionale.

Figura 1 – Ksar Ait Ben Haddou, Marocco (Credit: Eliana Baglioni, 2015) Figura 2 – Ksar Tamnougault, Marocco (Credit: Eliana Baglioni, 2015)

Edifici in terra cruda sono molto diffusi anche in gran parte d’Europa, tanto in contesti rurali che urbani, basta pensare agli edifici fortificati nella penisola iberica, ad intere cittadine rurali della Spagna centrale, ai cottage irlandesi, alle costruzioni a graticcio della Francia, della Germania, dell’Est Europa, alle molteplici sfaccettature delle costruzioni in terra in Italia.

Figura 3 – Castello di Forna, Spagna (Credit: Eliana Baglioni, 2012) Figura 4 – Case a graticcio a Rennes, Francia  (Credit: Eliana Baglioni, 2018)

Nel 2008 l’UNESCO ha avviato il programma WHEAP - World Heritage Earthen Architecture Programme – dedicato all’inventario dei beni patrimoniali in terra cruda e alla promozione di progetti di recupero di quelli a maggior rischio, ben 150 siti di terra si trovano nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

Volendo dare una definizione di costruzioni in terra, si intendono quegli edifici realizzati utilizzando la terra stessa del suolo, mescolata con acqua e fibre, lavorata, e lasciata essiccare ed indurire al sole, da cui l’aggettivo cruda.

La lavorabilità, la statica e la durabilità delle costruzioni in terra cruda è resa possibile dalla capacità coesiva dell’argilla contenuta all’interno della terra, è quindi fondamentale saper riconoscere e testare le caratteristiche di una terra per verificarne la sua attitudine ad essere utilizzata come materiale da costruzione.

Le terre sono composte da uno strato superficiale ricco di sostanze organiche e da uno strato minerale di profondità variabile fino alla roccia madre; si tratta di materiali eterogenei, costituiti da vari minerali e da particelle di diverse dimensioni, presenti in quantità variabili.

Le terre si possono pertanto classificare da un punto di vista granulometrico, analizzando le dimensioni e la relative quantità percentuali di particelle presenti e da un punto di vista mineralogico, andando ad analizzare i tipi e le relative quantità percentuali di minerali.

Una buona terra da costruzione deve:

É molto importante analizzare non soltanto la quantità di argilla contenuta in una determinata terra, ma anche i tipi di minerali argillosi e le relative quantità percentuali presenti, in quanto alcuni di questi, come la smectite e la vermiculite, sono altamente rigonfianti - ovvero assorbono molta acqua - e possono inficiare la durabilità del manufatto.

É facile intendere che il fattore geologico è determinante nella possibilità di poter utilizzare la terra come materiale da costruzione, ma fortunatamente le argille sono le rocce sedimentarie più diffuse sulla crosta terrestre.

La storia e l’evidenza degli innumerevoli manufatti esistenti ci dimostrano come, di fatto, l’uomo sia stato sempre capace di costruire con le terre, mettendo a punto diverse tecniche costruttive in relazione alle caratteristiche del materiale a disposizione, e cercando nella natura ogni possibile additivo: fibre vegetali, sterco animale, estratto di piante succulente, albumina, caseina e tanti altri.

La variabilità delle terre e la plasmabilità del materiale hanno portato all’ideazione di molteplici tecniche costruttive in terra cruda.

Il dato interessante sta nel fatto che, pur essendosi sviluppate in contesti ambientali e socio culturali differenti, le tecniche costruttive in terra cruda sono riconducibili a maniere di operare simili e ben riconoscibili, che, seppur con le innumerevoli specificità locali, ne hanno permesso una classificazione e codificazione riconosciuta a livello internazionale.

La terra cruda è stata utilizzata, sin dai tempi più antichi, per realizzare pareti portanti, sia in forma monolitica, che in forma di murature, oppure come materiale di riempimento di strutture portanti lignee. 

Tra le tecniche costruttive utilizzate per realizzare pareti monolitiche abbiamo quelle modellate a mano (façonage) quelle impilate e compattate (bauge, cob, wellerbau), quelle battute all’interno di casseforme lignee (pisé, rammed earth, taipa, taipa de pilão, tapia). 

Fra le murature si annoverano blocchetti di terra di varie forme e dimensioni, modellati a mano, oppure regolarizzati in forme parallelepipede con l’ausilio di stampi di legno (adobe, toub, mud brick), o ancora blocchi tagliati da affioramenti di laterite. Le murature vengono realizzate ponendo in opera i blocchi, precedentemente essiccati, con una malta anch’essa di terra.

Figura 5 – Murature in terra battuta, Ksar Tamnougault, Marocco (Credit: Eliana Baglioni, 2015) Figura 6 – Murature in blocchi di terra cruda, Ksar Ait Ben Haddou, Marocco (Credit: Eliana Baglioni, 2015)

Si contano inoltre numerose tecniche miste (torchies, wattle e daub, strohlehm, quincha, bahareque, fajina, tabique, taipa de mão, pão a pique), dove la funzione portante è assolta da telai lignei e gli impasti di terra vanno a riempire sottostrutture e/o graticci anch’essi di materiale ligneo o vegetale.

La terra cruda è utilizzata anche per gli orizzontamenti, ovvero solai o coperture piane; in questo caso si ricorre a strutture lignee sormontate da massetti e pavimentazioni in terra.

Nella maggior parte delle tecniche costruttive sopra citate, dove l’argilla svolge la funzione coesiva nell’impasto, la terra selezionata viene mescolata con abbondante acqua e generalmente fibre vegetali e lavorata allo stato plastico.

Per le terre meno argillose si è ricorre invece ad impasti lavorati allo stato umido, con una granulometria più variata - dalle ghiaie alle argille -, e alla posa in opera per compattazione. In questo caso la resistenza del manufatto è garantita prevalentemente dall’incastro tra le particelle di diversa dimensione, ottenuto appunto per mezzo della compattazione.

Gli intonaci, infine, hanno una funzione importantissima per la durabilità degli edifici, e costituiscono il così detto strato di sacrificio, che va frequentemente manutenuto, apposto sopra le murature realizzate nelle diverse tecniche.

In molti casi la manutenzione diventa un rituale collettivo e comunitario, inoltre la plasmabilità del materiale e le numerose pigmentazioni delle terre hanno spesso ispirato la realizzazione di finiture che potremmo definire artistiche e caratterizzanti l’edificio.

Figura 7 – Parete in tecnica mista, terra a riempimento di un graticcio di cannucciato, Todi, Italia (Credit: Eliana Baglioni, 2018). Figura 8 – Intonaco in terra cruda, Bretagna (Credit: Eliana Baglioni, 2018).

Le costruzioni in terra cruda fanno parte del patrimonio costruito di molte regioni italiane e come avviene in altri contesti, le tecniche costruttive utilizzate si differenziano e si specializzano da territorio a territorio.

Edifici in blocchi di terra cruda caratterizzano molti centri storici del territorio campidano in Sardegna (provincia di Cagliari), dove sono conosciuti con il nome locale di ladiri; in Piemonte, in territorio astigiano; oppure in Calabria, dove gli adobe sono spesso utilizzati assieme ad una ossatura lignea, soluzione che si riscontra anche in altri territori con un elevato rischio sismico come quello calabro.

Nelle Marche ed in Abruzzo si riscontra l’utilizzo del massone, si tratta di una tecnica di modellazione a mano delle murature, realizzate con un impasto di terra e paglia, che ricorda quella del cob in Irlanda.

In Piemonte, soprattutto nel territorio compreso tra Alessandria, Novi Ligure e Tortona si riscontrano grandi cascine o aziende agricole realizzate con la tecnica della terra battuta.

Nonostante le casistiche suddette siano le più conosciute e largamente documentate, ancora oggi il patrimonio costruito esistente ci permette di scoprire nuovi edifici e culture costruttive in terra cruda sparse sul territorio nazionale. É il caso dell’Emilia Romagna dove, a seguito dei danni causati dal terremoto del 2012, si sono rese visibili numerose costruzioni realizzate con una doppia muratura in mattoni cotti verso l’esterno e blocchi di terra cruda verso l’interno. Oppure il caso dell’Umbria dove, nella Valle centrale, si riscontra la presenza di edifici sia in blocchi di terra cruda che in terra battuta rivestiti da paramenti murari di pietra o di mattoni cotti.

Figura 9 – Abitazione in massone e mattoni cotti nel quartiere di Villa Ficana, Macerata, Italia (Credit: Eliana Baglioni, 2015) Figura 10 – Muratura in massone, Villa Ficana, Macerata, Italia (Credit: Eliana Baglioni, 2015)

Se fino ad ora si è fatto riferimento soltanto a tecniche e culture costruttive vernacolari, di fatto si è anticipato che l’essere umano non ha mai abbandonato, nel corso di millenni, l’utilizzo del materiale terra.

Le tecniche tradizionali in molti casi sono state modificate per adattarle gradualmente a nuove esigenze costruttive. Ad esempio sono state introdotte lavorazioni meccanizzate, per velocizzare i tempi di produzione e di posa in opera, oppure si è lavorato sul mix design per ottenere impasti con maggiori resistenze meccaniche o meno soggetti all’azione degli agenti atmosferici, o ancora che risultassero finiti, ovvero senza la necessità di utilizzare intonaci.

Per quanto riguarda i blocchi di terra cruda (adobe, mud brick) sono state introdotte numerose lavorazioni meccaniche fino a realizzare produzioni industriali mediante lavorazioni per estrusione - simili a quelle del mattone cotto - con produzione di elementi costruttivi crudi in diversi formati. 

Sono state ideate nuove tecniche costruttive come quella dei blocchi di terra compressa (BTC, CEB compressed earth block), dove l’utilizzo di una pressa - inizialmente manuale, poi meccanizzata -  permette di realizzare in serie dei blocchi a dimensione regolare, anche con forme autobloccanti.  L’impasto, umido e stabilizzato con cemento o calce, permette tempi di asciugatura rapidi e una buona resistenza alle intemperie; al contempo la tecnica, permette di realizzare murature regolari riducendo l’utilizzo di malta e intonaco.

Anche la tecnica della terra battuta (pisé, rammed eart) è stata oggetto di numerose sperimentazioni ed evoluzioni sotto diversi aspetti: la progettazione e l’ingegnerizzazione delle casseforme; l’introduzione della compattazione meccanica nella posa in opera; lo studio di impasti stabilizzati, resistenti e senza necessità di finitura superficiale, in modo da poter esprimere al massimo la bellezza delle texture e delle pigmentazioni delle terre; la produzione di setti parete prefabbricati, da assemblare in cantiere.

Una tecnica di riempimento, di facile realizzazione e che si presta anche alla prefabbricazione è quella della terra alleggerita. Si tratta di una tecnica relativamente recente dove la terra viene utilizzata allo stato liquido (barbottina) come legante di fibre vegetali lunghe, l’impasto viene lasciato stagionare per qualche ora e compattato all’interno di casseforme lignee per realizzare pareti o orizzontamenti sottili e leggeri.

Tra le sperimentazioni più recenti nel campo delle tecniche costruttive in terra cruda troviamo la terra colata (terre coulée o béton d'argile), una tecnica dalla posa in opera assimilabile a quella del calcestruzzo, dove l’impasto plastico viene colato e vibrato all’interno di casseforme. 

Infine l’ultima frontiera dell’utilizzo di questo materiale è la stampa 3D, una sorta di ingegnerizzazione della tecnica costruttiva del bauge o cob. Un progetto tutto italiano, Wasp, ha realizzato egli una stampante 3d gigante e messo a punto impasti di terra cruda appositi, arrivando a realizzare Gaia, il primo prototipo di abitazione in terra cruda stampata 3d.

Figura 11 – Abitazione in tecnica mista metallo-terra, Santiago, Cile (Credit: Eliana Baglioni, 2011) Figura 12 – Piscina di Toro, Spagna (Credit: Eliana Baglioni, 2010) Figura 13 – Setto divisorio in blocchi di terra cruda, Todi, Italia (Credit: Eliana Baglioni, 2018)

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L'articolo prosegue con la descrizione delle caratteristiche prestazionali della terra cruda e di come come materiale risponde agli obiettivi dell'architettura eco-sostenibile.

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