Interventi sull’area esterna e modifiche di facciata edificio: tanti lavori singoli creano una ristrutturazione | Articoli | Ingenio

2022-10-16 02:15:21 By : Ms. Tracy Lei

Consiglio di Stato: se gli interventi edilizi costituiscono un complesso di interventi che, nella loro unitarietà, realizzano una ampia trasformazione del territorio, non possono essere visti atomisticamente ai fini della valutazione della loro compatibilità urbanistica

Come si fa a capire se una serie di interventi edilizi, anche minimi, assieme configurano ristrutturazione edilizia abusiva se non realizzati con permesso di costruire?

Ancora meglio: quando delle singole opere che 'da sole', forse, si potrebbero realizzare con CILA o senza autorizzazione diventano, assieme, un complesso edilizio per il quale serve il permesso?

Risponde a questa domanda molto gettonata il Consiglio di Stato nella sentenza 5879/2022 dello scorso 12 luglio, riferita al caso di alcuni interventi edilizi realizzati all'interno di un centro polifunzionale veterinario.

In primis, Palazzo Spada sottolinea che la parte appellante, in sede di memoria, ha evidenziato che, ad oggi, pendono innanzi al Tar Lombardia due ricorsi aventi ad oggetto l’impugnazione di due dinieghi di sanatoria assunti dall’Amministrazione appellata relativi alla richiesta di permesso di costruire ex art. 36 dpr 380/2001 (Testo unico edilizia) ed una segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria, e, in considerazione di ciò, chiede la sospensione del giudizio.

Il Consiglio di Stato non ritiene di aderire alla richiesta di parte appellante di sospensione del giudizio sulla scorta della giurisprudenza sul punto dalla quale non si ritiene di discostarsi visto che, quando vi è l'impugnazione di un atto avente natura sanzionatoria in materia edilizia e vi è la proposizione di una domanda di accertamento di conformità, nessuna disposizione prevede che il giudice amministrativo debba sospendere il giudizio (Cons. Stato, sez. VI, 9.4.2013, n. 1909); peraltro, più di recente, si è ritenuto che la presentazione di una nuova istanza di accertamento di conformità, ex art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, non rende inefficace il provvedimento sanzionatorio pregresso e, quindi, non determina l'improcedibilità, per sopravvenuta carenza d'interesse, dell'impugnazione proposta avverso l'ordinanza di demolizione (Cons. Stato, Sez. VI, 16.2.2021, n. 1432). 

Insomma: si può demolire anche in attesa di sapere cosa ne sarà di una richiesta di sanatoria.

Poi si passa alla valutazione del merito.

I nuovi interventi contestati sono:

A questi si aggiungono quelli su edifici già esistenti:

Secondo il ricorrente, le opere “Interventi sull’area esterna e opere in corso di edificazione” rientrerebbero tutte nella previsione di cui all’art. 6 del dpr 380/2001, ossia sarebbero qualificabili come attività di edilizia libera e quindi da eseguirsi senza alcun titolo abilitativo.

La prospettata soluzione - secondo Palazzo Spada - non è sostenibile in quanto gli interventi effettuati e rilevati nel provvedimento oggetto di gravame vanno visti unitariamente e non possono essere autonomamente qualificati; essi costituiscono un complesso di interventi che, nella loro unitarietà, realizzano una ampia trasformazione del territorio - come già evidenziato dal giudice di prime cure - e che, pertanto, non possono essere visti atomisticamente ai fini della valutazione della loro compatibilità urbanistica.

Diversamente ragionando si avrebbe una valutazione singola di molteplici interventi in contrasto con la logica di semplificazione che anima l’art. 6 dpr 380/2001; ossia quella di realizzare senza titolo determinati interventi di piccolo impatto e non quello di realizzare - senza titolo - una sommatoria di interventi che comporta una trasformazione urbanistico edilizia per la quale occorre una apposita valutazione dell’amministrazione. 

In relazione, poi, alla “modifiche distributive e modifiche di facciata del fabbricato esistente”, la parte appellante ritiene che le opere relative possono essere qualificate di manutenzione straordinaria e non sono riconducibili all’art. 10 dpr 380/2001.

Si tratta della realizzazione di un complesso di interventi che hanno creato una situazione dell’immobile - sotto il profilo urbanistico - edilizio - ampiamente diversa rispetto a quella originaria; una situazione differente che ha visto, al piano terra, la modifica della destinazione d’uso, da ricovero per animali a depositi, ed al primo piano, oggetto della sopraelevazione abusiva, la realizzazione di laboratori ed uffici collegati mediante una scala al piano terra.

La complessità e l’unitarietà dell’intervento edilizio abusivo effettuato non si presta quindi alla lettura per singole parti che offre parte appellante. 

Infine, il ricorrente ritiene che non sia previsto un limite di superficie necessaria per la qualificazione della realizzazione della platea in calcestruzzo, ex art 6, d.P.R. 380/2001, quale attività libera.

Ma dalla documentazione versata in atti si rileva una notevole dimensione del basamento che determina una trasformazione permanente dell’area, la cui realizzazione come già sopra evidenziato, non può essere qualificata come attività libera essendo parte di una più ampia trasformazione, che va necessariamente valutata in modo unitario. 

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