Opporsi a chi sfrutta non è reato – La Bottega del Barbieri

2022-07-31 08:51:07 By : Mr. Angus Yan

il Blog di Daniele Barbieri & altr*

un appello in solidarietà agli arrestati di Piacenza. A seguire “Schiavi, magistrati e contagi” di Vito Totire.

Il 19 luglio a Piacenza sei militanti del sindacalismo di base (appartenenti a Si Cobas e USB) sono finiti agli arresti domiciliari con l’accusa di aver costituito delle associazioni a delinquere che agivano sotto la copertura dell’attività sindacale. Si tratta dell’ennesimo e più grave attacco ai sindacati che da oltre dieci anni si battono per i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici nel settore della logistica.

Delle accuse contenute nelle 350 pagine del dossier della Procura piacentina si è parlato a livello nazionale: gli arrestati sono accusati di aver fatto conflitto per migliorare le condizioni di lavoro in uno dei settori strategici dell’economia italiana, ma anche un settore caratterizzato da livelli altissimi di sfruttamento.

L’impianto accusatorio mira a una pesante delegittimazione dell’attività sindacale mettendo sotto la sua lente l’organizzazione di un conflitto collettivo, le forme di autofinanziamento per sostenere l’attività e il fatto che vengano strappate a imprese locali e multinazionali più denaro e migliori condizioni di lavoro. Ma ci chiediamo cos’altro dovrebbe fare un sindacato precisamente.

I sindacati di base che lottano nella logistica in Italia, e in particolare a Piacenza, sono conosciuti a livello internazionale. Della loro capacità di organizzare lavoratori e lavoratrici per lo più migranti nei magazzini delle multinazionali della logistica si discute in ambienti sindacali e accademici in Europa e nelle Americhe. Anche perché le lotte piacentine dell’ultimo decennio sono tra le più durature e radicate ma non certamente uniche nel settore logistico: scioperi, picchettaggi e blocchi delle merci avvengono ciclicamente in altri hub logistici, dal porto di Rotterdam a quelli di Hong Kong e Los Angeles. Se c’è qualcosa di unico nel caso piacentino, questo è casomai il livello di repressione incontrato dai sindacati di base locali, che negli anni hanno dovuto affrontare cariche violente, arresti e denunce quasi quotidiane.

Lo stato d’eccezione subito dal sindacato nella logistica si vede anche nelle leggi scritte ad hoc per colpirlo. Per esempio, il decreto sicurezza di Salvini, nel 2018, ha reintrodotto il reato di “blocco stradale”, che punisce con pene fino a sei anni una delle principali forme di lotta nella logistica, cioè il picchettaggio per bloccare la circolazione delle merci. Poche settimane fa, l’associazione padronale AssoLogistica ha festeggiato l’introduzione di una norma nel PNRR del governo Draghi: una deroga alle leggi nazionali che abolisce la responsabilità in solido delle imprese nel solo settore logistico. Significa che lavoratori e lavoratrici non potranno più rifarsi sulla ditta committente (per esempio la grande multinazionale) per gli abusi perpetrati dalle ditte che lavorano in appalto per essa (le interinali e cooperative della logistica). Si abolisce così un meccanismo rodato usato dai sindacati per recuperare per esempio i salari non pagati dalle cooperative.

Il mondo del sindacalismo di base e dei movimenti ha già dato una prima risposta alle accuse della procura piacentina sabato 23 luglio con un corteo che ha portato in piazza a Piacenza una grande espressione di solidarietà con gli imputati. Nel frattempo scioperi e manifestazioni di solidarietà continuano in Italia e in tutto il mondo.

L’udienza del Tribunale del riesame si svolgerà a Bologna i primi di agosto.

Siamo accademicə, studiosə, attivistə, sindacalistə e operaiə, solidali con gli arrestati. Con questo appello ci rivolgiamo ad intellettuali, giuristə, politicə, giornalistə, scrittori e scrittrici, attivistə, artistə e a tutte le persone solidali che vogliano aggiungere la propria voce per dire che il sindacalismo di base deve poter avere la piena legittimità di iniziativa e per chiedere l’immediato decadimento delle misure cautelari.

Per firmare l’appello, clicca qui:

https://ilmanifesto.it/arrestati-6-sindacalisti-a-piacenza-la-procura-in-guerra-contro-i-cobas

QUI SOTTO IL TESTO IN INGLESE E LE PRIME ADESIONI. Ovviamente anche la “bottega” sottoscrive questo appello e chiede a tutte/i di farlo. 

For the union activists arrested in Italy

On July 19 in Piacenza, Italy, six grassroots union activists have been put under house arrest. They are accused of having set up a criminal conspiracy disguised as labour union activity. This is the latest and most severe assault to the unions that since the early 2010s fight for the rights of workers in the logistics sector.

The accusations included in the 350-page dossier issued by Piacenza magistrates have been discussed in the entire country: the arrested are accused of having struggled to improve workers’ conditions in one of the Italian economy’s strategic sectors, an industry characterized by high levels of exploitation. It is a serious denigration of labour organizing, as the accusations include collective conflicts, forms of fundraising used to sustain the unions’ activities, and the fact that better conditions and salaries have been won from both local firms and multinational corporations. But what else should a union do then?

The grassroots unions that struggle in the logistics industry in Italy, and in Piacenza in particular, are known internationally. Their ability to organize warehouse migrant workers is discussed in both labour and academic circle in Europe and the Americas. Indeed, recent struggles in Piacenza have been among the most enduring and radical. But they are not unique to Piacenza: strikes, picket lines and street blocks cyclically take place in other logistical hubs, from Rotterdam’s port to those of Hong Kong or Los Angeles. If there is something unique to the Piacenza case, it is the level of repression encountered by local labour unions. In the last few years, they have faced violent police charges, arrests, and almost daily lawsuits.

The state of exception endured by unions in logistics in visible in the ad hoc laws that have been issued to strike them. For instance, the 2018 “security decree” of minister Salvini re-introduced the crime of “street stoppage,” which punishes with up to six years of prison time one of the main forms of struggle in the industry’ that is picket lines to block the circulation of commodities. Just a few weeks ago, a new law introduced by the Draghi government abolished (in the logistics sector only!) the responsibility of multinational corporations when their subcontracting firms, such as cooperatives or temp agencies) fail to pay salaries. This was a well-established tool for workers to fight wage theft.

Grassroots unionism and social movements have already answered to the accusations with a large demonstration that took the streets of Piacenza in a show of solidarity with the arrested. Strikes and other initiatives continue in Italy and across the globe.

As academics, scholars, activists, unionists and workers, we stand in solidarity with the arrested. We call on intellectuals, jurists, politicians, journalists, artists and writers to add their voices to ours as we say: grassroots unions must have full freedom to act; the arrested in Piacenza must be freed.

Piena solidarietà ai sindacalisti e ai lavoratori USB e Si.Cobas e ai militanti di Potere al popolo

Revocare subito gli arresti domiciliari per chi si oppone al nuovo schiavismo

Per luoghi di lavoro “liberi da catene”

Alcuni magistrati devono aver confuso i sindacalisti con i virus. Gli arresti domiciliari imposti ad alcuni attivisti dei sindacati Usb e Si Cobas infatti fanno pensare a una sorta di “isolamento sanitario” per motivi di contagiosità. Nel frattempo c’è chi pensa a «misure vaccinali collettive» che vanno oltre l’isolamento dei più contagiosi. Pare infatti che qualche responsabile della ditta Beretta (non quella delle pistole ma quella delle «carni rosse e processate») invece di preoccuparsi di come la IARC ha classificato la merce prodotta, abbia in mente non solo l’isolamento di singoli contagiosi ma «la eliminazione del SI.COBAS» (**). Una sorta di “eliminazione del rischio alla fonte” che, quando si parla di rischi ambientali e lavorativi, sarebbe un concetto giusto ma qui viene applicato per negare alla fonte i diritti dei lavoratori e la democrazia.

A chi scrive sfuggono alcuni dettagli dell’iter formativo dei magistrati. Anche se di come si determinino le carriere abbiamo avuto ampie notizie di stampa, sfuggono le tortuosità del percorso relativo agli accertamenti delle responsabilità penali.

A esempio noi che siamo un po’ naif abbiamo inviato un esposto a diverse autorità a proposito del sotterramento di cemento-amianto a Bologna in zona Due Madonne; una denuncia anche a supporto della lotta dei cittadini che stanno protestando strenuamente contro la cementificazione del territorio (condotta irresponsabile avallata dalle istituzioni alla faccia della strombazzata lotta contro “il cambiamento climatico”. Da profani pensavamo che la “notizia criminis” allertasse la macchina investigativa. Ma che! Dopo il suddetto esposto (aprile 2022) abbiam chiesto dettagli sulle indagini ma ci è stato replicato che l’esposto non rispondeva ai requisiti di rito e che le nostre successive rimostranze erano irricevibili! Cioè notificare – in lingua italiana – il riscontro di un sotterramento abusivo di cementoamianto pare non servire a nulla. In sostanza: tu segnali una condotta verosimilmente delittuosa e ti rispondono che “non hai usato la carta bollata” (!?). Diversa la “solerzia” quando si tratta non di fibre di amianto ma di sindacalisti di base: questi sì che sono pericolosi, non le fibre di asbesto. Quei sindacalisti fanno danni subito (ai profitti dei padroni schiavisti) mentre le fibre di asbesto fanno male ai cittadini e ai lavoratori …ma non subito. Per non parlare della condotta generale della procura di Bologna sulla pandemia: l’abbiamo già denunciato come connotata dalla strana sindrome della “absolutio precox”.

Allora è utile avanzare una proposta attingendo non tanto dalle idee astratte (senza trascurarle) ma da quel “poco” (tuttavia significativo) che, a volte, anche le istituzioni riescono a partorire. Vogliamo dire che non si vuole fare un discorso a priori contro la “casta” dei magistrati i quali, a volte, danno un contributo alla civiltà e alla equità sociale. Per esempio una recente sentenza penale a Ravenna per “mobbing” contro preposti della Lidl; una condanna a L’Aquila contro due padroni per “estorsione” (per aver imposto lavoro straordinario non pagato)… Ma per la magistratura in generale c’è bisogno, per essere eufemisti, di “formazione”. Una buona idea sarebbe mutuare l’esperienza di quei giudici costituzionali che sono andati a visitare le carceri per “toccare con mano” degrado e disumanità del fatiscente sistema penale italiano. Ecco,

a quei magistrati che hanno emanato provvedimenti repressivi (e non per la prima volta!) nei confronti dei sindacalisti di base è mancato un pezzo della “formazione possibile”: VISITARE LE CARCERI DEL LAVORO SCHIAVISTICO PRIMA DI TENTARE DI CRIMINALIZZARE CHI STA LOTTANDO PER SPEZZARE LE SBARRE E LE CATENE (NON SOLO METAFORICHE) DI QUEL NUOVO SCHIAVISMO. Se andare a visitare i “luoghi difficili”(per mutuare uno slogan delle femministe) è troppo impegnativo per i magistrati, almeno occorre garantire loro l’accesso … alle edicole. Solo qualche giorno fa (19 luglio 2022) infatti il quotidiano «Il Resto del Carlino» (non un organo di informazione della classe operaia né fondato da Antonio Gramsci) ha pubblicato una meritoria indagine su «gli schiavi della notte» che i magistrati dovrebbero e potrebbero leggere con poca fatica; la lettura di quel reportage contribuirebbe a “convincere” la magistratura che le parole pronunciate da Tiziano Loreti (Si.Cobas) nel corso del corteo di protesta successivo ai provvedimenti dei magistrati – c’è un video sul sito de «Il fatto quotidiano» – sono assolutamente fondate. Qui si vuole mettere Spartacus agli arresti domiciliari…

Discorso analogo per le condanne nei confronti di chi ha protestato per l’omicidio del lavoratore Ad Elsalam (a Piacenza il 14 settembre del 2016): ai primi di luglio il tribunale di Bologna ha condannato in primo grado alcuni manifestanti, fra cui la portavoce di Potere al popolo Marta Collot. Qual è il reato: “spartachismo”? Cioè ribellarsi allo schiavismo… Confidiamo in una assoluzione mel secondo grado, al fine della riduzione del danno. Ma il problema di fondo rimane: chi ha contrastato lo schiavismo merita encomi, non repressione.

Per un “mondo del lavoro” libero da ogni forma di schiavismo.

(*) Vito Totire, medico del lavoro, è portavoce pro-tempore della «Rete nazionale lavoro sicuro»

(**) cfr Beretta: la lotta delle operaie continua e…

Come ex di pluridecennali lotte sindacali ( C.d.F., RSU, RLS…..) Contribuisco alla diffusione di questi due importanti scritti.

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